Anno 2002 - Numero 1 (gennaio)
OPERARE PER LA COMUNITÀ È OPERARE PER L'UMANITÀ
Questo numero del notiziario porta il titolo di
una frase di Jean Vanier tratta dal suo celebre libro "La
comunità - luogo del perdono e della festa".
Finché ci saranno paure e pregiudizi nel cuore degli uomini, ci
saranno guerre e disuguaglianze palesi. Per risolvere i grandi
problemi politici occorre anzitutto cambiare i cuori. La
comunità è il luogo di vita che permette agli uomini di essere
persone, di guarire e di crescere nella loro affettività
profonda, avanzando verso l'unità e la liberazione interiore.
Quando diminuiscono le paure e i pregiudizi, la fiducia in Dio e
negli altri aumenta, e la comunità può risplendere e rendere
testimonianza a uno stile e a una qualità di vita che
risolveranno i disordini del nostro mondo. La risposta alla
guerra è vivere come fratelli e sorelle; la risposta alle
disuguaglianze è la condivisione; la risposta alla disperazione
è una fiducia e una speranza senza limiti, la risposta ai
pregiudizi e all'odio è il perdono.
Sì, operare per la comunità è operare per l'umanità. La pace
è operare per una soluzione politica vera, è operare per il
Regno di Dio; è operare perché ogni persona possa gustare e
vivere le gioie segrete dell'unione all'eterno.
IL FRUTTO DELL'ALLEANZA: La vita fraterna nella comunità
Abbiamo visto nel precedente numero di Jasna Gora
(n. 4/2001) i concetti biblici che stanno dietro all'alleanza. In
questo numero, lasciandoci sempre guidare dal nostro fratello
Tarcisio Mezzetti (L'Alleanza: una sfida proposta da Dio, a cura
di Venite e Vedrete), considereremo invece gli effetti pratici e
le conseguenze reali che ne derivano. Per la Tradizione lasceremo
parlare molto Sant'Agostino, fondatore di comunità monastiche
costituite da laici e, per il Magistero faremo riferimento a un
importante documento della Congregazione per gli Istituti di Vita
Consacrata e le Società di Vita Apostolica, dal titolo in
italiano "La vita fraterna in comunità". Questo
documento può interessare le Comunità del Rinnovamento
Carismatico Cattolico per un buon 90%.
La meditazione si svilupperà in due parti: una prima atta a
definire che cos'è una comunità che nasce dall'alleanza ed una
seconda che darà dei flash sulla vita fraterna in comunità
così come sgorgano dalla esperienza dell'alleanza.
Comunità, come distinta da massa,
organizzazione, collettività e società
Le aggregazioni mondane che si conoscono sono: la massa,
l'organizzazione, la società funzionale e la collettività.
Nella massa il singolo non ha alcun specifico valore; è come un
atomo trascinato dal tutto ed a sua volta inconsciamente trascina
come parte di un sistema di forze.
Nell'organizzazione il singolo non è una individualità, ma un
funzionario; l'organizzazione non fa appello al valore della
persona, ma solo all'adempimento della funzione.
La società funzionale è improntata dallo stesso spirito. Ognuno
conta per il suo contributo al fine che è stato arbitrariamente
posto: nessuno è insostituibile, e quando uno muore non conta
più: "Ben altrimenti avviene nella comunità: il padre che
muore resta sempre una realtà altamente significativa nella
famiglia; senza di lui questa non si può neppure pensare"
(Bernhard Haring, La legge di Cristo).
La collettività non è che la degradazione della forma
comunitaria della società a pura organizzazione. Il
collettivismo è infatti il pericolo più grande in cui incorre
ogni nostra comunità allorché dimentica due cose fondamentali:
La comunità infine, malgrado l'abuso che viene
fatto oggi di questo nome, non è di origine umana, ma divina, ed
i suoi valori non sono valori mondani o carnali, ma spirituali.
Nella comunità la vita si svolge tra personalità autonome e
libere che, nello stesso tempo, si apprestano a formare il Corpo
mistico di Cristo nell'unità perfetta. Ognuno può aprirsi ed
arricchirsi con l'altro mediante la donazione reciproca, perché
ogni persona porta come dono la ricchezza della propria
personalità. Questa è la comunità: unico luogo in cui sia
possibile vivere una vita pienamente cristiana.
Il singolo ed il
"Corpo mistico di Cristo"
La comunità ha un essere suo proprio che non è uguale alla
somma dei suoi componenti, ma è una realtà che sta dinanzi a
Dio come un tutto e come tale viene amata da lui, anche se il suo
amore si dirige alle persone singole che si sono radunate insieme
per amore di Cristo. La comunità è il "Corpo mistico di
Cristo", quindi non ha solo un centro di autorità espresso
in uno o più dei suoi membri, ma ha Cristo come centro direttivo
e dinamico di tutta la vita e dell'agire della comunità. Cristo
agisce su ciascun membro del suo Corpo mistico chiedendo a
ciascuno amore e obbedienza e orientando tutti verso la
costruzione della comunità.
Una comunità tutta fatta di perfetti imitatori di
Cristo trasmetterebbe l'immagine perfetta del Corpo mistico di
Cristo. Per questa comunità Gesù ha pregato il Padre dicendo:
"Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la
loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa.
Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una
cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la
gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano
come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano
perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li
hai amati come hai amato me" (Gv. 17, 20-23).
La missione della comunità si compie solo quando questa tende
con tutte le sue energie a ricevere la grazia di Dio per
diventare la comunità dei "somigliantissimi" al
Signore. Come frutto di questa assidua e perseverante imitazione
di Cristo si sprigiona nella comunità quella fragranza
spirituale di Cristo che si diffonde nella Chiesa e nel mondo e
che ne manifesta la presenza e la divinità.
Il peccato nella
Comunità
La comunità porta in sé non solo lo splendore della luce di
Cristo, ma anche la colpa ed il peso del peccato e della
defezione di ogni singolo membro, specialmente poi quando la
defezione di uno è provocata dalla colpa di altri.
Dice B. Haring nel libro citato: "...la Chiesa è santa, e
come tale non può peccare. Il peccato è sempre azione dei
singoli. Il membro colpevole è, secondo la misura della sua
responsabilità, sorgente prima della colpa. Ma nel suo peccato,
e più ancora nella sua defezione involontaria, che colpisce la
comunità come una diminuzione di valore, concorrono forse molti
altri, facendo il male ed omettendo il bene. C'è qualcosa di
estremamente misterioso nella reciprocità dei diversi soggetti
nel bene morale e nel funesto influsso che la colpa esercita a
distanza e per largo tratto in seno alla comunità. Dalla
constatazione di queste verità sorge in noi una profonda
riconoscenza verso la comunità, che ci rende possibile il bene,
e soprattutto una riconoscenza a Cristo, in un sentimento di
profonda umiltà. Ma accanto alla gioia per la sovrabbondanza del
bene deve sorgere anche un terribile spavento per l'enorme
influsso esercitato dal male. Esso penetra nel centro stesso
dell'umanità: in Cristo, che si lascia schiacciare dal peso dei
nostri peccati, benché incapace, Egli stesso, di qualsiasi
colpa".
Anche per questa terribile ragione San Paolo scrive che:
"...se un membro soffre tutte le membra soffrono
insieme" (1 Cor. 12,26).
La vita fraterna
e la "grazia"
Il documento della Congregazione Vaticana che abbiamo citato
comincia così: "L'amore di Cristo ci ha riunito per
diventare una cosa sola, un gran numero di discepoli, perché
come Lui e grazie a Lui, nello Spirito, potessero, attraverso i
secoli rispondere all'amore del Padre, amandolo con tutto il
cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.......Nate non da
volontà della carne e del sangue, non da simpatie personali o da
motivi umani, ma da Dio, da una divina attrazione, le
comunità..... sono segno vivente del primato dell'amore di Dio
che opera le sue meraviglie, e dell'amore verso Dio e verso i
fratelli, come è stato manifestato e praticato da Gesù
Cristo".
Quindi il primo concetto da far comprendere a chiunque voglia far
parte di una comunità è che questa è "opera di Dio"
e non umana e quindi tutto in essa: la vita, la regola,
l'autorità, la direzione, ecc., deve essere posto da sempre e
per sempre sotto la guida dello Spirito. Ciò farà sì che ogni
comunità avrà come scopo primario ciò che Sant'Agostino pone
all'inizio della sua Regola: "Fratelli carissimi, si ami
anzitutto Dio e quindi il prossimo perché sono questi precetti
che ci vennero dati come fondamentali". Non si può non
essere in accordo con questa dichiarazione che fa della carità
il fine, il mezzo ed il centro della vita della comunità.
L'amore spinge al
sacrificio
L'amore è la radice di ogni attività cristiana ed è anche il
rapporto che nell'alleanza ci lega inseparabilmente a Dio,
generando in noi una continua ed insaziabile sete di ciò che è
eterno, ma, dice Sant'Agostino, è anche la forza che rende
leggere le cose pesanti e facili le cose difficili, per questo è
uno dei punti di forza di una comunità, che ha anche degli
impegni: "Quello che importa....è sapere
ciò che si ama, perché quando una cosa la si fa per amore o non
si sente la fatica o si ama di sentirla". Da questo concetto
di amare ciò che si fa e la scelta di vita comunitaria che è
stata fatta nasce l'obbedienza al comando di Paolo: "Portate
i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di
Cristo" (Gal. 6,2).
L'uomo vecchio desidera sì la comunione e l'unità, ma non
intende e non si sente di pagarne il prezzo, in termini di
impegno e di dedizione personale. Il cammino che va dall'uomo
vecchio, che tende a chiudersi in sé, all'uomo nuovo, che si
dona agli altri, è lungo e faticoso. I santi fondatori hanno
insistito realisticamente sulle difficoltà e sulle insidie di
questo passaggio, consci com'erano che la comunità non la si
improvvisa. Essa non è cosa spontanea né realizzazione che
richieda breve tempo. Per vivere da fratelli e da sorelle è
necessario un vero cammino di liberazione interiore. Come
Israele, liberato dall'Egitto, è diventato popolo di Dio, viene
costruita da persone che Cristo ha liberato e ha rese capaci di
amare alla maniera sua, attraverso il dono del suo Amore
liberante e l'accettazione cordiale delle sue guide. L'amore di
Cristo diffuso nei nostri cuori spinge ad amare i fratelli e le
sorelle fino ad assumerci le loro debolezze, i loro problemi, le
loro difficoltà. In una parola: fino a donare noi stessi.
L'amicizia
Nelle comunità l'amicizia deve avere fonti soprannaturali: deve
scaturire dalla carità, che è la virtù che ama, rispetta e
venera nell'altro quel tempio di Dio di cui parla San Paolo:
"Tutti dunque vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate
reciprocamente Dio di cui siete fatti tempio" (cfr. 2 Cor.
6,16).
Sant'Agostino scrive della prima comunità cristiana di
Gerusalemme: "Erano come legni secchi che ardevano nella
Chiesa di Gerusalemme per il fuoco dello Spirito Santo quando
avevano un cuore solo ed un'anima sola protesi verso Dio" ed
è proprio così, questo è il segreto del successo: la concordia
fraterna non frutto di coincidenza di interessi o di uguaglianza
di sentimenti o di simpatia naturale, ma è frutto della carità
con cui amiamo Dio e, per amore di Dio, il prossimo.
L'alleanza: un nuovo
monachesimo?
Mentre il dissenso produce le divisioni: "... la carità
produce l'accordo, l'accordo genera l'unità, l'unità mantiene
la carità, la carità conduce alla gloria". Da questo
accordo che genera l'unità, dice Agostino, proviene il nome di
"monaco": "Monos vuol dire uno....Dunque coloro
che vivono insieme, in modo da formare un solo uomo, in modo che
di loro si possa dire ciò che è scritto: "avevano un'anima
sola e un cuore solo"; che sono cioè molti corpi, ma non
molte anime, molti corpi, ma non molti cuori, giustamente si
possono dire monos, cioè uno solo".
La comunità:
luogo dove si diventa fratelli
Dal dono della comunione scaturisce il compito della costruzione
della fraternità, cioè del diventare fratelli e sorelle in una
data comunità dove si è chiamati a vivere assieme.
Dall'accettazione ammirata e grata della realtà della comunione
divina che viene partecipata a delle povere creature, proviene la
convinzione dell'impegno necessario per renderla sempre meglio
visibile attraverso la costruzione di comunità "piene di
gioia e di Spirito Santo" (At. 13,52).
L'ostacolo più grande nel costruire la comunità è sempre
quello di non staccarsi dai modelli aggregativi terreni, carnali
e mondani. Costruire comunità "piene di gioia e di Spirito
Santo" dovrebbe essere il nostro compito primario, ma
bisogna ricordarsi che il frutto della carità è la concordia,
frutto della concordia è l'unità e frutto dell'unità è la
gioia che ci fa cantare: "Ecco quanto è buono e quanto è
soave che i fratelli vivano insieme!....Là il Signore dona la
benedizione e la vita per sempre" (Sal. 133, 1-3).
La crescita nella vita
fraterna
L'ideale comunitario non deve far dimenticare che ogni realtà
cristiana si edifica sulla debolezza umana. La comunità ideale
perfetta non esiste ancora: la perfetta comunione dei santi è
meta nella Gerusalemme celeste. Il nostro è il tempo della
edificazione e della costruzione continua: sempre è possibile
migliorare e camminare assieme verso la comunità che sa vivere
il perdono e l'amore. Le comunità infatti non possono evitare
tutti i conflitti. L'unità che devono costruire è una unità
che si stabilisce al prezzo della riconciliazione. La situazione
di imperfezione delle comunità non deve scoraggiare. Una
comunità infatti ha un continuo bisogno di crescere nell'essere
comunità, ma queste difficoltà dovrebbero farci capire che non
tutti sono adatti a vivere la comunità, perché questa vita è
oggettivamente difficile e, dice il documento vaticano: "Ci
possono essere pure situazioni diverse in cui l'autorità deve
far presente che la vita in comune richiede talvolta sacrificio e
può diventare una forma di "maxima penitentia".
La comunità per esistere ha bisogno di tanta grazia che scenda
da Dio, oltre che dell'impegno di tutti ad assecondare questa
grazia nella propria conversione personale. Il cammino
comunitario si deve quindi nutrire di uno studio sempre più
serio e profondo della Scrittura, di tanta preghiera personale e
comunitaria, e soprattutto dell'Eucaristia quotidiana.
Per favorire la comunione degli spiriti e dei cuori di coloro che
sono chiamati a vivere assieme in una comunità, sembra utile
richiamare la necessità di coltivare le qualità richieste in
tutte le relazioni umane: educazione, gentilezza, sincerità,
controllo di sé, delicatezza, senso dell'umorismo e spirito di
condivisione. La preghiera è la base reale della vita
comunitaria; le comunità più apostoliche e più evangelicamente
vive sono quelle che hanno una ricca esperienza di preghiera.
L'Eucaristia quotidiana è la cosa più importante per far vivere
e crescere la comunità. "E' infatti attorno all'Eucaristia,
celebrata o adorata, vertice e fonte di tutta l'attività della
Chiesa, che si costruisce la comunione degli animi, premessa per
ogni crescita nella fraternità. E' qui che deve trovare la sua
origine ogni tipo di educazione allo spirito di comunità.
Conclusione
Il mare senza fine e senza fondo dell'amore di Dio si rivela
proprio nel concetto di alleanza e questa scoperta ci conduce, in
realtà e sempre più, verso la costruzione della comunità
cristiana per due ragioni: perché scopriamo che: "Ci ha
radunati in una sola cosa l'Amore di Dio", e che da questo
riunirci in una cosa sola si sprigiona la forza e la grazia
divina della nostra missione e diventano reali le parole della
preghiera di Gesù al Padre: "Non prego solo per questi, ma
anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché
tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te,
siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che
tu mi hai mandato.........E io ho fatto conoscere loro il tuo
nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai
amato sia in essi e io in loro" (Gv. 17, 20-26).
PELLEGRINAGGIO NELLA TERRA DI ABRUZZO - 14 ottobre 2001
La Comunità, edificata dalle significative e
preziose esperienze maturate spiritualmente durante i
pellegrinaggi compiuti nell'anno giubilare (Chiusi della Verna e
San Giovanni Rotondo) ha voluto quest'anno dare un seguito
all'iniziativa organizzando per l'intera giornata di domenica 14
ottobre 2001 un altro pellegrinaggio; destinazione l'Abruzzo,
visita a due santuari di grande fama quali: il Miracolo
Eucaristico di Lanciano situato nella provincia di Chieti, e
quello di San Gabriele dell'Addolorata posto nel mezzo
dell'imponente catena montuosa del Gran Sasso, nella provincia di
Teramo. Abbiamo iniziato la giornata, dandoci appuntamento verso
le sei del mattino dinanzi la parrocchia. Numerosa è stata la
partecipazione dei fratelli, molti dei quali hanno portato con
sé i propri familiari, parenti ed amici. In totale hanno aderito
75 persone che hanno viaggiato grazie ad un confortevole pullman
a due piani. Abbiamo affidato il nostro pellegrinaggio recitando
il S. Rosario accanto a lodi festose. La giornata era splendida,
piena di sole; la prima tappa prevedeva l'arrivo a Lanciano dove
ci siamo recati subito al Santuario per assistere alla S. Messa
domenicale.
Da oltre dodici secoli, a Lanciano, è conservato il primo e più
importante Miracolo Eucaristico della Chiesa Cattolica. Tale
prodigio avvenne verso la metà del secolo VIII d.C., nella
chiesa di San Legonziano, per il dubbio di un monaco basiliano
sulla presenza reale di Gesù nell'Eucaristia. Durante la
celebrazione della Santa Messa, fatta la doppia consacrazione,
l'ostia diventò Carne viva e il vino si mutò in Sangue vivo,
raggrumandosi in cinque globuli irregolari e diversi per forma e
grandezza. L'Ostia-Carne, come oggi si osserva molto bene, ha la
grandezza dell'ostia grande attualmente in uso nella Chiesa
latina, è leggermente bruna e diventa tutta rosea se osservata
in trasparenza. Il Sangue è coagulato, di colore terreo,
tendente al giallo-ocra. La Carne dal 1713 è conservata in un
artistico ostensorio d'argento, finemente cesellato, di scuola
napoletana. Il Sangue è contenuto in una ricca e antica ampolla
di cristallo di Rocca.
Il fenomeno del Miracolo Eucaristico è stato sottoposto ad una
serie di ricognizioni: ecclesiastiche condotte sin dal 1574 e
scientifiche condotte in particolare dal 1970. Queste attraverso
varie ed accurate analisi eseguite con il massimo rigore
scientifico dal Prof. Odoardo Linoli, docente in Anatomia, in
Chimica e Microscopia clinica, coadiuvato dal Prof. Ruggero
Bertelli dell'Università di Siena documentate da diverse
fotografie scattate dal microscopio hanno testimoniato con
assoluta certezza che:
Si può definire questo fatto prodigioso come il
più grande mistero perché esso rappresenta la più alta
espressione dell'Amore di Dio rivelatosi all'umanità per mezzo
del Figlio Gesù Cristo: "Dio infatti ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in
Lui non muoia, ma abbia la Vita Eterna" (Gv. 3, 16).
Terminata questa visita ci siamo diretti verso il nord
dell'Abruzzo, precisamente abbiamo raggiunto Giulianova, una
località marina in provincia di Teramo. L'ospitalità ci è
stata concessa presso il Monastero della Congregazione dei Monaci
Benedettini-Silvestrini. La casa, poco distante dal mare, posta
in una leggera quota, ci offriva un bellissimo panorama.
L'accoglienza da parte dei monaci è stata sorprendente. Ci hanno
offerto un pranzo ricco e delizioso, successivamente una breve
passeggiata sulla spiaggia ci ha ritemprati fisicamente prima
della ripresa del viaggio. Il santuario di San Gabriele ci si è
presentato innanzi nella pura bellezza di una perla preziosa
incastonata nella stupenda cornice del Gran Sasso. Esso è una
straordinaria opera d'arte uscita dalle mani di Dio. Nell'area
sono presenti la prima basilica inizialmente costruita nel 1216
come chiesa e convento. Nel corso dei secoli essa ha subito varie
trasformazioni e restaurazioni. Nell'elegante chiesa ricca di
affreschi attualmente è collocata l'urna contenente il corpo del
Santo. Vi è presente, come ricordato, il convento antico con un
chiostro costruito ai tempi di San Francesco d'Assisi che vi
transitò nel 1215. Data l'importanza degli eventi accaduti
nell'arco degli ultimi due secoli, in particolare grazie ai
prodigi compiuti dal Santo dopo la sua morte, un crescente
afflusso di turisti e pellegrini ha fatto nascere la necessità
di costruire un nuovo santuario decisamente più ampio. Nel 1985
fu inaugurato da Papa Giovanni Paolo II il nuovo santuario
costruito a partire dal 1970 proprio a fianco della prima
basilica. Esso è un enorme costruzione in cemento bianco ed
acciaio che può contenere oltre diecimila persone. Tra le sue
principali caratteristiche, oltre agli ampi spazi destinati
all'accoglienza di pellegrini e turisti, nonché uffici ed altre
sale, è presente la Cripta del Santo davanti alla quale ci siamo
raccolti in profonda preghiera.
San Gabriele dell'Addolorata (Francesco Possenti)
è uno dei santi più popolari del mondo. Nacque ad Assisi il 1°
marzo del 1838, rimase orfano di madre a quattro anni e con la
famiglia si trasferì a Spoleto dove visse fino diciotto anni.
Era vivace ed intelligente, ebbe una splendida carriera
scolastica, era il leader delle compagnie giovanili, amava
vestire sempre alla moda, godeva fama di ballerino ma...... non
scendeva mai a compromessi morali e non trascurava i suoi doveri
cristiani. Francesco era tuttavia un giovane inquieto che più
volte aveva promesso di farsi sacerdote. Il 22 agosto 1856
durante la processione della Sacra Icona di Spoleto, la Madonna
lo invitò per l'ultima volta parlandogli al cuore: "Tu non
sei fatto per il mondo; che fai nel mondo? Presto fatti
religioso!". Il 10 settembre 1856 entrò nel noviziato dei
passionisti di Morrovalle (MC). Cambiò il nome in Gabriele
dell'Addolorata in onore di Maria. La scelta della vita religiosa
fu radicale. Si buttò in essa anima e corpo da innamorato. Gli
ultimi due anni e mezzo li trascorse nel convento di Isola del
Gran Sasso dove "sul levar del sole" del 27 febbraio
1862 morì di tubercolosi. La sua fu una vita semplice, senza
grandi gesta, contrassegnata dall'eroicità del quotidiano e
dalla devozione al Crocifisso e a Maria.
Questo fu il segreto della sua santità: "Quel ragazzo ha
lavorato col cuore". La sua fama cominciò nel 1892 quando
vennero riesumate le sue spoglie e si verificarono i primi
prodigi. Venne dichiarato beato nel 1908 e proclamato santo nel
1920. Nel 1926 divenne compatrono della gioventù cattolica
italiana.
Il sole stava per tramontare quando siamo risaliti sul nostro
pullman, eravamo stanchi ma sereni perché avevamo posto la
nostra vita, con tutte le nostre certezze e speranze, prima nel
cuore di Cristo, poi ai piedi del Santo. Molte lacrime hanno
rigato il volto di alcuni genitori che sicuramente avevano
deposto il cuore dei loro figli nelle mani del Santo Gabriele
certi che ancora oggi la santità è possibile anche in una vita
apparentemente vissuta nella normalità e quotidianità. Vogliamo
ringraziare il Signore che ci chiama continuamente a seguire le
orme ed a calcare la terra percorsa dai suoi santi nella speranza
che anche noi possiamo elevare i nostri cuori fino a raggiungere
le vette più alte della santità.
Ciò che è impossibile agli uomini non è impossibile a
Dio. Amen! Alleluja!
INCONTRO DEL SANTO PADRE CON LE FAMIGLIE - 20 ottobre 2001
A seguito del Grande Giubileo celebrato lo scorso
anno il Santo Padre anche quest'anno ha voluto incontrare le
famiglie per confermare il loro cammino e per fissare lo sguardo
su Gesù Cristo. Anche la nostra comunità ha voluto rispondere
alla sua chiamata, l'incontro era a Piazza San Pietro nel
pomeriggio di sabato 20 ottobre. Per prepararci a questo grande
momento il Comitato Nazionale del RnS ha convocato nella
mattinata dello stesso giorno le famiglie aderenti al movimento,
luogo la stupenda basilica di San Paolo, scopo un incontro di
preghiera per invocare la potenza dello Spirito Santo su tutti
coloro che sarebbero intervenuti all'evento.
Vivere la potenza della lode nella prima parte della giornata si
è rivelata una grande benedizione. Don Dino Foglio, assistente
spirituale del RnS, ci ha fatto fissare lo sguardo sulla Sacra
Famiglia di Nazareth indicandola come modello. La preghiera è
poi salita al cielo per le famiglie in difficoltà, quelle
colpite dalla guerra, per le nostre famiglie ed infine per la
grande famiglia rappresentata dalla Chiesa. Lo sguardo poi si è
fermato ai consacrati, alle vedove ed alle persone sole, dove il
Signore sicuramente è presente in maniera attenta e particolare.
Molta parola ci è stata donata durante la preghiera di
guarigione, molti cuori affranti per le divisioni familiari hanno
potuto provare conforto nell'amore e nella pace di Dio.
L'assemblea si è poi incamminata verso San Pietro pronta a
vivere un incontro di grande festa con il Santo Padre. Malgrado
la stanchezza si facesse sentire ci siamo trovati immersi in un
clima di festa, di gioia, pieno di canti, musiche, preghiere,
testimonianze, anche i bambini a modo loro cercavano di
partecipare con pianti e passeggini colorati. Nella prima parte
del pomeriggio si sono alternate sul sagrato famiglie provenienti
da diverse realtà ecclesiali, le loro testimonianze ci hanno
profondamente toccati.
Verso le ore 18 l'esultanza di 40-50 mila persone ha accolto
l'entrata del Santo Padre nella piazza. Il suo discorso sempre
molto accurato e sentito ci ha proposto tre punti di riflessione:
Ci ha ricordato che noi dobbiamo credere nella famiglia se non altro perché Dio crede fermamente nella famiglia. Fin dall'inizio dal "principio" creando l'essere umano a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina, ha voluto collocare al centro del suo progetto la realtà dell'amore tra l'uomo e la donna (cfr. Gn. 1,27), continuava ancora mettendo il fuoco di Dio nel nostro cuore: "Sì, care famiglie, lo sposo è con voi!". Da questa presenza accolta e corrisposta scaturisce quella particolare e straordinaria forza sacramentale che trasforma la vostra intima unione di vite in segno efficace dell'amore tra Cristo e la Chiesa e vi pone come soggetti responsabili e protagonisti della vita ecclesiale e sociale".
Se Dio crede in te, tu famiglia credi in ciò che
sei? Credi nella tua vocazione ad essere segno luminoso
dell'amore di Dio? Nel mondo di oggi si registrano opinioni
diverse, visioni distanti e quanto mai pericolose sul concetto di
famiglia. Bisogna per il bene dello Stato e della Società
tutelare la famiglia basata sul matrimonio perché essa è la
principale fonte di speranza per l'umanità. Famiglia intesa come
luogo di unione ed autentica solidarietà.
Il Papa ha poi rivolto parte del discorso ai frutti della
famiglia, ai figli, auspicando per loro un futuro migliore ed un
sistema scolastico ed educativo che abbia il suo centro nella
famiglia e nella sua libertà di scelta.
Il suo messaggio è stato rivolto anche ai mezzi di comunicazione
di cui tante famiglie denunciano il crescente degrado perché
sempre meno si preoccupano di garantire e salvaguardare i diritti
dei minori.
Ha infine come sempre invitato a guardare e affidare alla Vergine
Maria, rappresentata dalla Madonna di Loreto, ogni nostro sforzo,
invocando la sua Celeste protezione. Le sue parole più care sono
state quelle in cui ci ha ricordato che il Papa prega per noi e
di gran cuore ci benedice insieme ai nostri figli.
A conclusione di questa giornata donataci dall'Amore di Dio
possiamo testimoniare che il Signore ci aveva parlato in maniera
molto chiara e ferma dicendoci cosa in effetti volesse da noi
come coppie e famiglie e cioè il nostro continuo e sincero
(ECCOMI).